UNA VITA DA LEADER
Intervista al Generale di Corpo d’Armata degli Alpini
FRANCESCO PAOLO FIGLIUOLO
Generale grazie per aver acconsentito a rispondere a queste tre domande che riguardano principalmente il suo ruolo di leader di una squadra vincente più che quello di comando che il suo grado le impone. Proprio in questa posizione di leader (che lei ha più volte espresso palesemente e non nel suo incontro di Sanremo) e che è oggetto principale della nostra Rivista interdistrettuale Lions (che rappresenta quanto fanno più di 600 club Lions sparsi fra Liguria e Piemonte e distribuita a circa seimila soci), che le chiedo di volerci approfondire il suo concetto appunto di leadership con particolare riferimento alle responsabilità che questa parola nasconde e come lei le abbia sentite ed affrontare nel corso della sua meritoria ed importantissima carriera.
Motivazione, impegno, determinazione. Ritengo che siano questi gli ingredienti alla base di una leadership efficace. Ma ciò non basta. Io credo che una delle responsabilità più importanti per un leader sia quella di saper coinvolgere i propri collaboratori nel perseguimento di un obiettivo comune. La parola d’ordine per tutti i capi, anche per quelli più capaci, carismatici, autorevoli, deve essere dunque “coinvolgimento”. Sono fortemente convinto che si possa essere un buon leader quando si ha intorno una squadra coesa, composta da persone che condividono un percorso, che si confrontano e che si impegnano a trovare soluzioni comuni.
È fondamentale il legame che si viene a creare con i propri collaboratori. Avere la loro fiducia e quindi ottenere da loro tutto il supporto possibile può essere la chiave di volta per affrontare e superare anche le sfide più complicate. Ed è proprio nei rapporti umani che viene fuori l’essenza stessa del capo. La comunicazione con il proprio personale è fondamentale. Se non c’è comunicazione, se i collaboratori non si sentono considerati o coinvolti in quello che deve essere un percorso comune, di crescita, di formazione, di perseguimento di obiettivi, il capo rimane solo e finisce con l’essere nient’altro che il capo di se stesso.
Tutto nasce dunque dal dialogo continuo, dal confronto e, ripeto, dal coinvolgimento. Perché dietro alle decisioni di ogni leader c’è sempre un capillare lavoro di gruppo.
Ho avuto la fortuna di fare il lavoro che desideravo sin da giovane, il militare, arruolandomi nel corpo degli Alpini. Nel mio percorso lavorativo ho incontrato tanti Comandanti, molti di questi sono stati dei leader e ho potuto così prendere esempio da loro. A mia volta, ho ricoperto ruoli di comando nei contesti operativi più disparati e in situazioni in cui un tipo di decisione piuttosto che un altro avrebbe fatto la differenza anche tra la vita e la morte di tutte quelle persone che, come Comandante, avevo la responsabilità di proteggere.
Come quei Comandanti prima di me, anche io ho dovuto prendere decisioni da solo, ma ho sempre coinvolto nel mio lavoro tutti i miei collaboratori. I successi che ho conseguito nella mia carriera, recentemente quale Commissario Straordinario all’emergenza COVID e adesso quale Comandante Operativo di Vertice Interforze (COVI) sono il risultato di un incessante, convinto e silenzioso lavoro di gruppo.
Come, secondo lei, è possibile vedere o riconoscere le caratteristiche di un leader all’interno di un gruppo di lavoro e come, il particolare momento storico che stiamo vivendo, può consentire a queste figure di poter emergere e gestire le loro capacità soprattutto a livello comunicativo, di volontariato e formativo?
Un leader deve poter essere un punto di riferimento e deve rappresentare una guida sotto il profilo umano, oltre che professionale.
Impartire solo ordini, magari perfino minacciando ritorsioni o punizioni nel caso questi ordini non vengano eseguiti, o ricordando in continuazione che sei il capo, non fa aumentare la tua autorevolezza e svaluta il senso stesso della tua azione di comando.
Ritengo che sia fondamentale avere piena consapevolezza dell’impatto che le proprie azioni possano avere su coloro che ti guardano. Un vero leader si distingue per l’autorevolezza di cui gode e non per l’autorità che gli viene conferita dall’alto o che, in taluni casi, cerca di auto-imporsi.
Il modo più semplice – che poi, a dire il vero, è forse quello più complicato di tutti – per vedersi riconosciuta questa autorevolezza è l’esempio. Se il leader è il primo a non adottare quei comportamenti, che invece esige dai propri collaboratori, egli perde di credibilità e i suoi collaboratori non gli daranno fiducia.
“Si comanda con l’esempio” è una frase che risuona ancora tra le mura del Palazzo Ducale di Modena, in Accademia Militare. È un concetto sul quale credo in modo convinto.
L’esempio del leader aumenta il clima positivo all’interno dell’organizzazione, motiva i collaboratori a fare di più e meglio, favorisce il senso di appartenenza del gruppo, ispira a un atteggiamento proattivo da parte di tutti.
Io personalmente sono da sempre convinto che noi Lions potremmo essere d’aiuto alle istituzioni, e non solo, per costituire “palestre di volontariato” di crescita per questi giovani leader, quali suggerimenti si sente di poter dare ai nostri club in merito?
È sempre un grande onore rivolgersi ai giovani, ma è anche una grande responsabilità.
Come ho detto prima, quando ero un giovane cadetto e poi Ufficiale degli Alpini, guardavo ai miei Comandanti con gli occhi di chi voleva imparare da loro quell’arte del comando che poi mi sarebbe inevitabilmente servita nel corso della mia carriera. Allo stesso modo, immagino che i giovani dirigenti di oggi guardino a noi, che siamo un po’ più “anziani”, con gli stessi occhi.
Per questo dobbiamo impegnarci a praticare azioni positive che siano da esempio per loro e d
obbiamo farlo adesso, ogni giorno, perché in fondo non è vero che i giovani sono solo il futuro: i giovani sono soprattutto il presente! E quando – se non adesso – dobbiamo contribuire a formare le leadership del futuro?
Questa formazione deve passare anche dal mondo dell’associazionismo e del volontariato. Ciò permette di entrare in relazione con gli altri e fa sentire parte della comunità. D’altronde il motto dei Lions è proprio “We serve”, (Noi siamo al servizio), che si declina negli scopi che persegue l’associazione, attraverso i clubs, stando vicino al prossimo.
Nella vita non abbiamo tante sicurezze, ma penso con convinzione che il bello dell’altruismo e del mettersi al servizio del prossimo sia la sua contagiosità.